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Papa Francesco libera la Chiesa dall’ideologia teocon e la riporta all’evangelizzazione e alla promozione umana

Una delle ragioni della crisi profonda che attraversa la Chiesa cattolica è l’essersi fatta strumentalizzare dall’ideologia “teocon”, e aver assunto posizioni dure e conflittuali sia all’esterno che al suo interno. 

Nel libro “Francesco. La Chiesa tra ideologia teocon e ospedale da campo” (Jaca Book, 2021) il prof. Massimo Borghesi spiega in dettaglio come, dopo il 2001, l’ideologia teocon sia riuscita a prevalere. Con la conseguenza di stravolgere il cristianesimo che, da missionario e aperto al dialogo, è diventato identitario e conflittuale; da sociale e accogliente, ha assunto una funzione efficientista e burocratica; da portatore di pace, si è fatto bellicoso e sostenitore del conflitto di civiltà; da fraterno e universalista, ha ceduto al pensiero unico basato su ideologie primatiste, occidentali e neocolonialiste.

In 272 pagine il prof. Borghesi spiega molto bene, con vastità e profondità di argomentazioni, come, con l’arrivo di Papa Francesco, la Chiesa abbia ripreso il cammino indicato da Paolo VI con l’Esortazione apostolica “Evangelii nuntiandi”: cioè evangelizzazione e promozione umana.

Per conoscere meglio le ragioni di quanto sta accadendo all’interno e all’esterno della Chiesa cattolica, per comprendere quali sono le motivazioni che alimentano lo scontro fra teocon e Papa Francesco, “Orbisphera” ha intervistato il prof. Massimo Borghesi.

Intellettuale di vasta esperienza e spessore, Massimo Borghesi è Professore ordinario di Filosofia morale presso il Dipartimento Filosofia Scienze Sociali, Umane e della Formazione dell’Università di Perugia. Tra le sue più recenti pubblicazioni, ha avuto molto successo il libro edito in più lingue “Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale” (Jaca Book, 2017).

Nel libro “Francesco. La Chiesa tra ideologia teocon e ospedale da campo” lei sostiene che, dopo l’11 settembre, la corrente “neoconservative” americana ha prodotto una vera e propria metamorfosi del cattolicesimo che, da missionario e aperto al dialogo, è diventato identitario e conflittuale. Una corrente che Lucio Brunelli ha definito dei “cristianisti”. Può spiegarci quali sono i fondamenti dell’ideologia teocon e perché si è rivelata un dramma per la Chiesa cattolica?

L’11 settembre 2001 ha provocato un sensibile cambiamento negli scenari politici e religiosi del mondo. L’abbattimento islamista delle Torri gemelle a New York ha inaugurato l’era della “teopolitica”, dello scontro teologico-politico tra l’Occidente e il cosiddetto “Asse del male”. 

I “neocon” cattolici, i cui inizi datano agli anni ‘80 segnati dalla presidenza Reagan, diventano i “teocon”, fautori dello scontro guerriero contro l’eterno avversario, l’Islam, individuato nell’Iraq di Saddam Hussein. 

In realtà gli avversari sono due: il relativismo etico dominante in Occidente ed il fondamentalismo islamista. Questi due obiettivi, per i teocon, polarizzano tutta l’azione dei cristiani nel mondo. Donde una impostazione fortemente “eticista”, contrassegnata dalle “cultural wars” contro la cultura libertaria. 

Un’impostazione che trascura le due dimensioni che, per il Paolo VI della “Evangelii nuntiandi”, costituivano i poli della presenza cristiana nella storia: evangelizzazione e promozione umana. 

I “neoconservative” cattolici, guidati da intellettuali come Michael Novak, Richard Neuhaus, George Weigel, Robert Sirico, svolgono in questo un ruolo fondamentale nella Chiesa americana. Contribuiscono ad orientare i cattolici delusi dal progressismo del Partito democratico verso le posizioni del Partito repubblicano, patrocinando un’adesione totale al modello capitalistico e all’ethos calvinista ad esso soggiacente. 

Il risultato è che il cristianesimo, da missionario e aperto al dialogo, diventa identitario e conflittuale, da sociale diventa efficientista e burocratico, da pacifico si fa bellicoso, da cattolico e universalista diviene occidentalista.

Può aiutarci a capire che cosa intende Papa Francesco quando dice che la Chiesa deve essere “ospedale da campo” e perché questa visione è alternativa al progetto teocon?

La diversità con la prospettiva teocon emerge netta con la “Evangelii gaudium”, l’Esortazione apostolica che già nel titolo riprende la “Evangelii nuntiandi” di Paolo VI. Il Papa antepone il kerygma, l’annuncio cristiano, alle battaglie etiche. 

In un mondo secolarizzato, che non ha più memoria dei fondamenti della fede, la testimonianza di Cristo precede le sue conseguenze morali. Queste ultime sono importanti, ma non possono capitalizzare per intero la presenza cristiana. Esse, inoltre, richiedono di essere allargate. Il cattolico “pro-life” negli Usa è spesso favorevole alla pena di morte e all’industria delle armi, così come è ostile alle politiche di tutela dell’ambiente. 

Il Papa chiede di allargare l’ambito di tutela della “fragilità”: dalla vita non ancora nata, ai poveri, agli anziani, ai portatori di handicap, ai malati incurabili. La (giusta) lotta contro l’aborto deve servire da modello per la difesa della debolezza in ogni sua espressione. In questa difesa si misura il valore di un’autentica democrazia, il suo grado di civiltà. 

La Chiesa si afferma qui come “ospedale da campo”. E questo non solo in senso sociale, ma anche in senso spirituale. Nel mondo secolarizzato il male può essere riconosciuto, portato, sopportato, solo se la Misericordia precede il giudizio. Questo è quanto la deriva “eticistica” non comprende. Le battaglie etiche hanno un loro senso sul terreno politico, arginano la deriva individualistica del mondo liquido. Non cambiano, però, il cuore degli uomini. 

L’ospedale da campo non indica una “Chiesa onlus” bensì un cattolicesimo missionario e sociale, nel quale la tenerezza di Dio ha il volto del padre che accoglie il figliol prodigo.

Tra gli argomenti più controversi su cui si fonda la frattura fra teocon e Papa Francesco c’è la dottrina sociale. Per i teocon il modello liberal-capitalistico costituisce il migliore dei mondi possibili. Qui la distanza con il Papa appare profonda…

Sì, il contrasto è sensibile. I teocon cattolici negli Usa sono riusciti, nel ventennio che occupa gli anni ‘90 e la prima decade del nuovo millennio, ad imporre una lettura unilaterale della dottrina sociale della Chiesa. Ci sono riusciti grazie alla interpretazione che Novak, Neuhaus, Weigel hanno offerto dell’Enciclica “Centesimus annus” di Giovanni Paolo II. Secondo la loro lettura, il Papa avrebbe innovato profondamente la dottrina sociale legittimando, per la prima volta, il modello capitalistico ed operando un “break” con la dottrina sociale a lui precedente. 

Si tratta di una interpretazione palesemente forzata che va chiaramente contro il testo papale, il quale, al contrario, usa a più riprese toni fortemente critici verso il capitalismo vincitore del comunismo. Passi ignorati dagli interpreti teocon, i quali riescono comunque nel loro intento: Giovanni Paolo II diviene, nella vulgata mediatica nordamericana, il pontefice che ha sdoganato il sistema economico occidentale ed aperto le porte al “cattocapitalismo”. 

Da qui la dura reazione verso Francesco, il Papa “sudamericano” accusato di populismo-peronismo-filomarxismo, proprio perché riporterebbe la dottrina sociale della Chiesa a Paolo VI, alle posizioni precedenti alla “Centesimus annus”. 

Come mostro nel mio volume, quella dei teocon è una lettura fortemente ideologica, strumentale, finalizzata a quella riconciliazione piena tra cattolicesimo ed ethos americano in cui consiste il cosiddetto “americanismo cattolico”. 

Francesco manda in crisi questa prospettiva e ciò spiega le reazioni, durissime, che il suo pontificato ha suscitato e sta suscitando.


Intervista a cura di Antonio Gaspari
Direttore Orbisphera
www.orbisphera.org

11 giugno 2021 Indietro

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