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Quelli che abbiamo trattato con l’ozono si sono salvati...

«I pazienti Covid che abbiamo trattato con ossigeno ozono ce l’hanno fatta, anche quelli con una condizione patologica più grave…». 

A parlare così è il dott. Maurizio Cacciola Carrubba, responsabile del Reparto Riabilitazione del Poliambulatorio Villa Iris di Pianezza, nella cintura di Torino. 

La Casa di Cura privata Villa Iris dispone di quattro reparti di Medicina di Lungodegenza e di due reparti di Riabilitazione per pazienti affetti da polipatologie e da problemi clinico-esistenziali non stabilizzati. 

Intervistato da “Orbisphera”, il dott. Cacciola Carrubba ha raccontato che il virus è entrato nella struttura sanitaria a causa del trasferimento inopportuno di un paziente che aveva bisogno di riabilitazione per una protesi al ginocchio.

In realtà quel paziente era positivo al Covid-19 e, nonostante il medico lo avesse rimandato indietro, il contagio aveva preso piede.

Questo era accaduto nella prima decade di marzo, quando i decessi avevano iniziato a dilagare.

Ha raccontato il dott. Cacciola Carrubba: 

«Ci siamo trovati con molti pazienti che erano sospetti Covid. Ho chiesto immediatamente che venissero fatti i tamponi ai ricoverati, ma in quel periodo si facevano solo in ospedale.

Ero molto preoccupato non solo per i ricoverati ma anche per il personale sanitario della struttura.

Mentre aspettavo che venissero a fare i tamponi, ho cominciato a trattare con ossigeno ozono 4 pazienti che ritenevo fossero positivi al Covid. Ipotesi che è stata poi confermata dalle analisi.

Conosco l’ozonoterapia perché la pratico da circa quindici anni per le patologie articolari.

Dispongo di due macchine per la produzione di ozono. Non avevo mai fatto autoemoinfusioni, ma incoraggiato dal prof. Vincenzo Simonetti, che ha molta più esperienza di me in merito all’azione sistemica dell’ozono, ho chiamato il prof. Marianno Franzini della SIOOT (Società Scientifica di Ossigeno Ozono Terapia). Mi sono fatto dare i protocolli di cura, le sacche necessarie all’uso ed ho iniziato.

Di necessità ho fatto virtù. Ho trattato 8 pazienti Covid e il risultato è stato eccellente. Questa esperienza mi ha confermato che l’ozono è un coadiuvante importante e decisivo, soprattutto per le patologie virali che attaccano l’apparato respiratorio.

Devo dire che l’ossigeno ozono mi ha dato grandi soddisfazioni. Tutti i pazienti trattati sono sopravvissuti. Grazie all’ozono, abbiamo recuperato pazienti che sembravano destinati ad un esito infausto. 

L’esperienza dei pazienti trattati con l’ossigeno ozono è stata molto più che positiva. Un paziente con gravi comorbilità, addirittura positivo all’HIV, che pensavamo non ce l’avrebbe fatta, è stato invece salvato dall’ozono ed è stato dimesso un paio di giorni fa.

Aver salvato questa persona è stata una grande soddisfazione. Abbiamo toccato il cielo con un dito. Quando è tornato a casa, avevamo tutti le lacrime agli occhi.

La struttura è ancora chiusa al pubblico anche se non abbiamo più malati Covid. Adesso sto preparando le schede con tutti i dati relativi ai pazienti trattati con ossigeno ozono – prima, durante e dopo – al fine di realizzare un dettagliato studio comparativo.

In merito al Covid possiamo dire che uccide perché scatena una coagulazione intravascolare disseminata, una condizione in cui si formano coaguli di sangue in tutto il corpo, bloccando i piccoli vasi sanguigni. Con l’ozono siamo riusciti a portare ossigeno e riparare i vasi compromessi.

Dal punto di vista umano, professionale e sociale questa esperienza è stata molto importante, e non intendo chiuderla qui; adesso utilizzerò l’ossigeno ozono per curare molte altre patologie.

L’ozono mi ha permesso di curare anche le infezioni da “Clostridium difficile”, un batterio anaerobio, molto fastidioso, che alberga nelle strutture sanitarie. Un batterio che emerge soprattutto in seguito a terapia antibiotica orale protratta nel tempo.

Ho provato le insufflazioni rettali con l’ozono e, in un paio di giorni, il “Clostridium difficile” è scomparso.

Ho in mente di preparare un lavoro su questa esperienza e di presentarlo al prossimo Congresso internazionale della SIOOT che si terrà nel mese di ottobre all’Ospedale Sacco di Milano.

Come medico e come persona posso dire che contrastare il coronavirus è stata un’esperienza molto dura. Dieci, dodici ore impegnati anima e corpo nella struttura sanitaria con tanti pazienti in difficoltà. A volte ci siamo sentiti abbandonati. Quello che ci ha salvati è stato il calore e l’affetto dei familiari dei pazienti, ma anche della gente tutta.

I familiari sapevano che i loro cari stavano rischiando la vita e che i medici e il personale sanitario ce la stavano mettendo tutta per curare e salvare le persone. Ci sono stati momenti toccanti, quando attraverso le finestre che accedono sul parco, i pazienti potevano vedere i parenti da lontano…». 


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Intervista a cura di Antonio Gaspari
Direttore Orbisphera
www.orbisphera.org

29 maggio 2020 Indietro

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