La cultura
dell'incontro

Le ferite possono essere aperture che fanno passare la misericordia di Dio

«Le ferite possono essere varchi, aperture che, imitando le piaghe del Signore, fanno passare la misericordia di Dio, la sua grazia che cambia la vita e ci trasforma in operatori di pace e di riconciliazione…». 

Lo ha detto papa Francesco il 13 settembre nella Cattedrale di San Martino (Bratislava) nel corso dell’incontro con vescovi, sacerdoti, seminaristi, catechisti, religiose e religiosi. 

Un discorso, quello del Pontefice, strepitoso per chiarezza, profondità, coraggio ed entusiasmo per il futuro della Chiesa e del mondo.

La Slovacchia «è una poesia» ha detto Francesco alla Presidente Zuzana Caputova. «Ed ha una Chiesa – ha aggiunto – che cammina insieme, che percorre le strade della vita con la fiaccola del Vangelo accesa».

Il Papa ha precisato che la Chiesa «non è una fortezza, non è un potentato, un castello situato in alto che guarda il mondo con distanza e sufficienza». Al contrario, la Chiesa «è la comunità che desidera attirare a Cristo con la gioia del Vangelo, è il lievito che fa fermentare il Regno dell’amore e della pace dentro la pasta del mondo».

Rivolgendosi al clero presente, Francesco ha esortato: «Per favore, non cediamo alla tentazione della magnificenza, della grandezza mondana! La Chiesa deve essere umile come era Gesù, che si è svuotato di tutto, che si è fatto povero per arricchirci: così è venuto ad abitare in mezzo a noi e a guarire la nostra umanità ferita».

Il Papa ha invitato a costruire una Chiesa umile, che non si separa dal mondo e non guarda con distacco la vita, ma la abita dentro. Condividendo, camminando insieme, accogliendo le domande e le attese della gente.

«Bisogna uscire dall’autoreferenzialità, perché il centro della Chiesa non è se stessa. Nella vita spirituale ed ecclesiale c’è la tentazione di cercare una falsa pace che ci lascia tranquilli, invece del fuoco del Vangelo che ci inquieta, che ci trasforma…».

«Una Chiesa che non lascia spazio all’avventura della libertà, anche nella vita spirituale – ha avvertito il Papa –, rischia di diventare un luogo rigido e chiuso». Per questo motivo, soprattutto le nuove generazioni «non sono attratte da una proposta di fede che non lascia loro libertà interiore, non sono attratte da una Chiesa in cui bisogna pensare tutti allo stesso modo e obbedire ciecamente».

Ha ribadito Francesco che «la Chiesa di Cristo non vuole dominare le coscienze e occupare gli spazi, vuole essere una “fontana” di speranza nella vita delle persone». Per questo motivo il Papa ha invitato i presenti a far crescere le persone libere da una religiosità rigida.

«L’annuncio del Vangelo – ha detto – sia liberante, mai opprimente. E la Chiesa sia segno di libertà e di accoglienza!».

Per spiegare la creatività del messaggio evangelico, il Papa ha fatto riferimento ai Santi Cirillo e Metodio, patroni dei popoli slavi, che, ardenti di passione per l’annuncio del Vangelo, arrivarono a inventare un nuovo alfabeto per la traduzione della Bibbia, dei testi liturgici e della dottrina cristiana. Furono inventori di nuovi linguaggi per trasmettere il Vangelo, furono creativi nel tradurre il messaggio cristiano, furono così vicini alla storia dei popoli che incontravano da parlarne la lingua e assimilarne la cultura.

Ha domandato Francesco: «Non è forse questo il compito più urgente della Chiesa presso i popoli dell’Europa: trovare nuovi “alfabeti” per annunciare la fede?».

«Dinanzi allo smarrimento del senso di Dio e della gioia della fede – ha continuato il Papa – non giova lamentarsi, trincerarsi in un cattolicesimo difensivo, giudicare e accusare il mondo cattivo, no, serve la creatività del Vangelo».

Per questo serve una Chiesa che forma alla libertà interiore e responsabile, che sa essere creativa immergendosi nella storia e nella cultura, una Chiesa che sa dialogare con il mondo.

«Una Chiesa – ha sottolineato il Papa – che dialoga con tutti: con i credenti, con quelli che portano avanti la santità, con i tiepidi e con i non credenti. Parla con tutti. È una Chiesa che, sull’esempio di Cirillo e Metodio, unisce e tiene insieme l’Oriente e l’Occidente, tradizioni e sensibilità diverse». Una Comunità che, annunciando il Vangelo dell’amore, fa germogliare la comunione, l’amicizia e il dialogo tra i credenti, tra le diverse confessioni cristiane e tra i popoli.

«È vero che l’unità, la comunione e il dialogo sono sempre fragili, specialmente quando alle spalle c’è una storia di dolore che ha lasciato delle cicatrici; e che il ricordo delle ferite può far scivolare nel risentimento, nella sfiducia, perfino nel disprezzo, invogliando a innalzare steccati davanti a chi è diverso da noi». Ma citando il proverbio slovacco – “A chi ti tira un sasso, tu dona un pane” –, Francesco ha chiesto di accettare l’invito di Gesù a spezzare il circolo vizioso e distruttivo della violenza, porgendo l’altra guancia a chi ci percuote, per vincere il male con il bene…

E ha raccontato la storia del Cardinale Korec, padre gesuita perseguitato dal regime: imprigionato, fu costretto a lavorare duramente finché cadde malato. Quando venne a Roma per il Giubileo del 2000, andò nelle catacombe e accese un lumino per i suoi persecutori, invocando per loro misericordia.

«Questo è Vangelo!», ha esclamato Francesco. «Cresce nella vita e nella storia attraverso l’amore umile, attraverso l’amore paziente…».

In conclusione, papa Francesco ha rivolto l’augurio di continuare il cammino nella libertà del Vangelo, nella creatività della fede e nel dialogo che sgorga dalla misericordia di Dio, che «ci ha resi fratelli e sorelle, e ci chiama ad essere artigiani di pace e di concordia».

Video: Vatican News

Antonio Gaspari  
Direttore Orbisphera
www.orbisphera.org

15 settembre 2021 Indietro

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