La cultura
dell'incontro

Capaci di opere di vita

Mormorazione, ira, maldicenza, falsità, malignità… sono le caratteristiche dell’uomo che non ha conosciuto Cristo, o peggio che oggi lo rifiuta perché, come i Giudei del Vangelo di questa domenica, Gesù non corrisponde al loro modo di ragionare: un uomo così non si converte mai, per lui la colpa è solo degli altri e in fondo di Dio, che non fa la sua volontà. 

San Paolo nella seconda lettura ce lo spiega bene: l’uomo che mormora, che sparla ed è maldicente contrista lo Spirito Santo. Potrà fare tante belle cose, ma Cristo non vive in lui. Seguire Gesù è cercare di essere suoi imitatori, che ci ha amato donando sé stesso, è salito sulla Croce al nostro posto per salvarci, oggi! Lui, l’unico giusto! 

Lo scoraggiamento, giudicare la storia che Dio fa con noi, è una tentazione che non risparmia nemmeno il profeta Elia, che è così stanco di essere perseguitato che desidera morire. Dio non lo lascia da solo nella sofferenza. Anche a noi, per quanto lo possiamo scacciare con le nostre opere morte, il Signore ci viene a cercare, non ci giudica, ci offre sempre una nuova occasione per accoglierlo, oggi ci offre per sfamarci un cibo di vita nell’eucarestia. 

La radice di questa tentazione è che viviamo troppo all’esterno di noi stessi, impauriti dal guardare dentro di noi. Facciamo tante belle cose ma superficiali: cosa vive nel nostro cuore è quello che conta! La fede non consiste nella comunicazione di concetti, che avviene dall’esterno, in un fare quasi nevrotico, ma nell’esperienza interiore di Cristo, nell’entrare nella verità della nostra storia, per assaporare cosa significa “camminare nella carità” (san Paolo, Efesini). 

Solo la presenza di Cristo nel cuore trasforma la nostra natura, ci rende capaci di opere di vita.

Mons. Antonio Interguglielmi

(XIX Domenica del Tempo Ordinario)

06 agosto 2021 Indietro

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